Resoconto
di Luca Lampariello
Nel lato selvatico
della mente,
scavando verso le radici.
L'acqua scorre in torrenti verso il fiume, e poi in mare. Acqua che
tutto
connette: luoghi, piante, animali umani e non, inquinamento, incontro,
mutamento. Bacino del torrente Asola, Potenza Picena, un piccolo bacino
ma
principale, che immette subito nel mare adriatico. Alle pendici del
bacino, la
Casa Galeone, proprio lì in mezzo al prato, le panche
disposte a cerchio, il
cerchio del Sentiero che prende i (e s'allarga nei) primi respiri.
Simon ha costruito
con Tsuf una hydraulic
ram, pompa a
colpo d'ariete: un laghetto, un
dislivello, un tubo di alimentazione, e senza elettricità la
colonna d'acqua in
caduta genera un'onda d'urto, con l'aumento di pressione che la pompa
sfrutta
rimandando acqua verso l'alto. Ritmo battente. Acqua che esonda,
sommerge,
avvolgeva la casa di Giuseppe durante l'alluvione, e lui –
racconta – tornava
di sera con una canoa, viveva il suo spazio come un uomo antico, alla
luce
della candela, in mezzo alle acque, nel fiume. Acqua di pioggia che
cade
sul cerchio, vento freddo e aria tiepida. Foschia, all'orizzonte una
conchiglia
azzurra di mare ci rimanda lo sguardo. Maggio fresco e bagnato.
Scorrere. Cerchio di apertura, nelle parole, nei
racconti di
ognuno il vissuto dell'anno trascorso, la ricerca del luogo, lontano e
vicino,
radici che s'allungano e radici a cui aspirare. Il ritorno del lupo
nelle
parole di Etain, il cui amico Dave
è ora
a Pratale con il bastone in mano a montare la guardia, il paesaggio che
è
mutato, adesso sono in pochi a tenere il pascolo, si moltiplicano gli
agriturismi, il consumo passivo del luogo. Nel luogo limite,
nella zona
di confine, il filo sottile di battaglie quotidiane per Cosetta:
recuperare
piccole zone di vitalità in massacri di un guasto umano
diffuso. Tempi che si
perdono nella fretta, tempi ritrovati, cuori feriti. Primi respiri del
cerchio.
Pulsare di emozioni condivise.
Passeggiare intorno al podere, là dove
crescono piccole oasi
di diversità in mezzo a omogenei tappeti di verdegrano.
Felice tocca e indica
erbe selvatiche. Farinello, Amaranto, Aspraggine e Calendula incontrano
i
nostri occhi e le nostre dita (nomi in realtà vagabondi, da
dialetto a
dialetto, erbe che raccontano). Impariamo a sbucciare gambi di Sulla,
dolci al
palato. Raccogliere Bietola, anche, per la cucina. Per ritrovarle nei
pasti.
Due oche
passeggiano intorno alla casa, di mattina si lavano
alla bacinella, marciano fiere tra di noi, padrone di casa, mettono in
fuga il
gallo e qualche volta soffiano a chi si avvicina troppo. Un grosso cane
bianco,
Bartolomeo, si lascia andare a tenere e diffuse carezze, si aggira
placido,
abbaiando di guardia di tanto in tanto. Con Eustochia/Papavero
è invece
arrivata la piccola Zolla, che scatta di qua e di là dal
cerchio, annusa, si ambienta.
Scorrono parole d'incontro e di racconto tra il pre
e il
post pranzo. Sono arrivati Marzia e Mattia, da Castelpietro nel
bolognese, con
la loro esperienza raccolta nei libri che presentano. Subito un gioco a
destabilizzare zone di potere: l'autore, ecco che il
libro è scritto da
Bianca Bonavita, Bianca come il nome della figlia, Bonavita come un
augurio. Humus
e Discola. Humus
come terra da toccare con mano,
da
tornare a vivere, da
respirare, da visitare, e Discola come quel movimento laterale, di
scarto,
non-lineare, tra le maglie, poroso, a de-scolarizzarsi a più
livelli, a
sfuggire ai dispositivi di potere riconoscendoli, scrivendoli,
nominandoli
nell'avvicinamento, nel passaggio attraverso. Soprattutto, in primis,
descolarizzare se stessi. Istituzione: scuola. Scuola come struttura
che impone
una funzione, cuce giorno per giorno questa funzione addosso al
bambino:
funzione da raggiungere,
vestire,
esibire, scuola come scultura della società e scultrice di
funzioni per la
società. Da qui il lavoro di Ivan Illich, citato da ambedue
i (non) autori e
fonte d'ispirazione del libro, insieme ad altri pionieri del dibattito
sulla
descolarizzazione (John Holt, Everett Reimer, etc.). Un lavoro a
destrutturare,
a riconoscere i gangli dell'istituzione dove si affermano
“fondamenti reconditi
e poteri occulti”, e si declinano attraverso un linguaggio
radicalizzato –
es., non chi
sei ma che scuola
fai? - un dover essere, allora, un appartenere: codici di
appartenenza e
quindi di esclusione, di emarginazione verso chi sceglie diversamente,
verso
chi dubita. Scuola, istituzione, recinto sacro. Aspirazione, nelle
parole di
Mattia, a una comunità educante diffusa, legata al
territorio che si abita.
Cosetta si infila tra le maglie dell'istituzione scuola per stillare
vitalità
nel lavoro di docenti demotivati. Per Papavero/Eustochia –
lei, altra destabilizzazione: il nome lasciato per strada, per
strada re-inventato
– è
nell'accompagnare, il ruolo dell'adulto, accompagnare un bambino che
può
insegnare tante cose. Bambino non come scatola nella quale infilare
insegnamenti, ma essere vivente che vuole esprimersi, e che cerca
occasioni per
farlo. Accompagnare, consegnare, tramandare. Invece: separazione. Dalla
casa,
dai genitori, da una parte del giorno. Tra tempo di scuola e tempo a
casa.
Tempo di studio, tempo libero. Diventerà poi lavoro/vacanza.
E intanto, quello
stato d'eccezione che priva il bambino del movimento corporeo cinque
ore ogni
mattina. Lo stato d'eccezione
– Mattia cita Giorgio Agamben – è
norma per il potere. “Scaricano i loro
guai su chi dall'alto li governa/
loro sì farebbero meglio, loro hanno la soluzione”.
Potere, potenti. I
potenti della terra che si devono occupare del collasso ambientale. I
potenti
della terra che devono ascoltare il messaggio di Greta
Thunberg e dei
giovani
di tutto il mondo. Ancora: i potenti come sbocco ultimo, come coloro
che
possono agire. Altra manifestazione del dispositivo. Teoria e azione si
separano, in mezzo c'è spazio per gli scettici, per chi
depista, devia, ammorbidisce.
Francesca sottolinea l'importanza della precisione nella divulgazione,
delle
parole giuste, di effetto serra e non cambiamento climatico. Uno
slancio
positivo, il tam tam Greta, forse uno smuoversi oltre anni di
amorfismo. Ma
legato a una consapevolezza giorno per giorno? Si chiede Elena. Legato
a
un'azione sul territorio che abitiamo? Il poeta Gary Lawless scrive una
lettera
a Gary Snyder. Lo ringrazia per quando è stato ospitato, per
ciò che Snyder gli
ha tramandato. Azioni, azioni semplici, azioni senza imposizioni.
Felice torna
su questo: noi in azione, ogni passo energia, ispirazione e altra
energia,
aldilà delle parole, degli slogan, della diffusione di
messaggi sui social
media, a rischio di quell'effetto anestesia a cui accenna Laura: parole
tra le
tante, immagini da scorrere, appiattirsi di significati. Allora il
contributo
autentico del Sentiero può diffondersi attraverso i media,
piazze virtuali, o
rimane fecondo in azioni, gesti, semplice (quanto difficile!)
tramandare? Il
giovane può e potrà cercare il materiale di cui
ha bisogno nelle esperienze che
lo hanno preceduto, nel lavoro e nel canto che negli anni si
è sparso tra
montagne, praterie e città. Sempre una storia
d'amore, chiosa Eustochia.
La sera è tiepida, il
vento si
è fermato. Sale la foschia e
la luna si affaccia tra le nuvole proprio nel momento in cui Felice
legge la
sua poesia, sulla luna e su un uomo che la guarda raccolto in un antico
silenzio “d'innata intelligenza universale”. Sabato
di musica, il sipario
costruito ad arte da Tsuf, Nevet e Mattia. Le fisarmoniche, il
violoncello di
Adele. I canti, poi la notte, piccole sagome intorno a un
falò che va
spegnendosi.
Heimat.
Domenica mattina. “Tornare a casa”. Ritornare su
quelle parole che affiorano
nel ricordo, re/indietro cor/cuore:
luogo “primigenio-non
verbale”. Parole, quelle che risuonano meglio, quelle che
sono casa intima e
che (ri)trovi in un incontro lontano. Becoming animal,
s'intitola il
libro di David Abram, qualche riga a evidenziare con parole semplici
come la parola
su carta abbia offuscato l'esperienza del mistero non scritto, e la
teoria si
sia allontanata troppo dall'azione, dal sentire, dall'espressione.
Tolta la
parola al mondo naturale? si chiede Etain.
Separazione
dell'intelligenza dalle
foreste, dall'humus. Frattura. Scrittura come trasmettere
ma
anche come tradire. Quasi il tradimento di
un’armonia, una ferita da
sanare attraverso il canto. Allora ecco la poesia, ad avvincinarsi al
canto del
vento, degli animali non umani. Versi. Si scrive, si pubblica, e
cambiano le
narrazioni. Ma è raccontando che ricordiamo belle cose
– ancora richiamiamo al
cuore - e il libro
“vive in chi lo
legge” per Josè Saramago. E la parola si
incorpora nell'esperienza. È un
(tra)passare, una suggestione o goccia che l'autore/non autore lascia
sulla
pagina e il lettore accoglie. Mezzi, medium, attraversamenti. In mezzo,
il
mistero, il mistero non detto, non scritto, inspiegabile mistero. Shinrin-yoku,
bagno nella foresta giapponese: si osservano le ombre tra i rami di un
albero.
Come dire: i silenzi tra le righe di una pagina. Allora un certo valore
della
scrittura, del racconto, del canto, si forma di tra i silenzi, righe
tra spazi
bianchi. Azioni, anche, si compiono e si tramandano, e vivono nel
ricordo,
nell'esperienza che elabora ancora. Ma è
un’esperienza che legge e assorbe nel
suo cammino, che è per sé, nella fitta rete di
relazioni che respira. Tra i
dispositivi del potere, le separazioni insite al pensiero, le
difficoltà
relazionali, è l'esperienza soggettiva a muoversi.
Nonostante quel reiterato
cercar fuori, “ogni alternativa viene cercata e
scandagliata / solo la vita
semplice ed essenziale viene del tutto ignorata”.
Separo ancora: dentro e
fuori.
Per George Monbiot c'è la necessità di riaprire
al
selvatico, smettendo di soverchiare, accumulare, pretendere gerarchie
d'importanza, speciale e non intraspecifico. Scorrono parole in uso
quotidiano,
riviste, ri-aperte, ri-lanciate in attiva provocazione. Mondo vivente,
non
ambiente. E se l'anno prossimo – propone Cosetta –
portassimo ognuno la nostra,
di liste ri-viste?
Istituzioni, istruzione. Invece, filosofia
terra – terra.
Camminano passi leggeri in profondo, le poesie di Felice, tratte
dall'ultimo
libro. Una trilogia, pezzi di terra abbandonati che forse –
una visione – potrebbero
essere donati a giovani che vogliono abitarla, vivendo, lavorando. Un
dono che
è un andare oltre la proprietà, fittizia
illusoria. Ennesima feconda
destabilizzazione del dispositivo potere. Scarto del pensiero,
movimento
attraverso le maglie del recinto ad aprire, a suggerire
possibilità. Un animale
mangia un frutto: il frutto digerito viene defecato, nel marrone delle
feci la
possibilità fertile di un seme. L'acqua filtra, esonda, si
immette, scorre e
copre e cade e torna in mare. Acqua che tutto connette. Lato selvatico
della
mente.
Inchinarsi ai quattro punti cardinali. Sole tra le
nuvole
ancora gravide di pioggia. Sai dove ti trovi?

Foto di
Cosetta Lomele
Bibliografia consigliata:
David Abram,
Becoming animal, Vintage
Books
Bianca
Bonavita,
Discola, Pentàgora
Bianca
Bonavita,
Humus, Pentàgora
Isabella
Tree,
Wilding, Panmacmillan
Felice (Rosario Colaci),
Filosofia Terra-Terra, autopubblicazione
Ivan Illich, Descolarizzare la
società, Mimesis
https://allenginsberg.org/2019/05/gary-snyders-birthday-4/
George
Monbiot, Selvaggi, Piano B

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