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Io
posso parlare solo del mio luogo, del mio tentativo di sentirmene
veramente parte, ma penso che ovunque si decida di mettere radici, nel
luogo della propria nascita o da un'altra parte, gli strati arcaici che
rivelano lo spirito del luogo racchiudano tutti gli indizi per un
ritorno a un equilibrio salutare. Il lavoro di tutti i giorni
là
nel luogo e l'ascolto dei geni locali sono le braccia aperte per
l'indigeno che ritorna a casa.
La
gioia silenziosa di questa vita trabocca di parole che tentano di
raccontarla. Sono solo parole, ma so che altri che vivono la gioia
intensa che sgorga dall'essere intimamente legati a un luogo, ne
riconosceranno la fonte.
Etain Addey dal racconto
"Cercando il Dio selvatico" in "Una
gioia Silenziosa"
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Sono venuta in Italia a vent’anni
dalla nativa Inghilterra, alla ricerca di un qualcosa
all’epoca non meglio precisato. Ho lavorato per dieci anni a
Roma in una multinazionale farmaceutica come segretaria della
direzione, diventando sempre più scandalizzata dalla
mancanza di etica a cui spesso assistevo.
A venticinque anni ho iniziato a girare l’Umbria in cerca di
un posto dove poter vivere e alla fine ho trovato, sulle colline di
Gubbio, un piccolo podere con un rudere come casa. Ho lasciato il
lavoro e la città e mi sono trasferita lì.
La bellezza del luogo e la gioia di questa vita hanno ripagato tutto:
l’niziale ignoranza dei mestieri, la perdita della casa e la
vita da sfollati dopo il terremoto, la costruzione della casa di legno,
il freddo e il caldo, gli errori da contadina principiante commessi...
Insieme al mio compagno Martino ho tirato su tre figli con il lavoro
della terra, lasciandoli liberi di studiare sul posto. Insieme abbiamo
fatto del nostro meglio per diventare indigeni del luogo che ora
chiamiamo casa. Siamo soci fondatori del gruppo Sentiero
Bioregionale e del mercatino locale. Sono autrice di tre
volumi – Una
gioia silenziosa, Acque
profonde e La vita della giumenta bianca
– in cui racconto la vita nel e del mio luogo.
Etain Addey
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