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Gary
Snyder
La Pratica
del Selvatico
FioriGialli
2010
Pag. 225
info: morettig@iol.it
“Le
nostre capacità, le nostre opere, sono solo minuscoli
riflessi
del mondo selvatico, il cui ordine è innato e libero.
Nessuna
esperienza è paragonabile a quella di abbandonare il sentiero e
dirigersi verso una parte nuova del territorio.
Non per la novità in sé, ma per provare la
sensazione del
ritorno a casa, alla totalità del nostro ambiente. “Fuori dal
sentiero”
è un altro nome della Via, e nel vagabondare fuori dal
sentiero
sta la pratica del selvatico. Laddove - paradossalmente - svolgiamo il
nostro lavoro migliore. Ma i sentieri e le vie sono necessari e li
manterremo sempre. Bisogna
prima camminare sul sentiero, per poi svoltare e inoltrarsi nel
selvatico”.
“…
si
tratta di capire la differenza di significato, sottile ma cruciale, fra
natura e selvatico. La natura, si dice, è oggetto della
scienza:
può essere studiata in profondità, per esempio
dalla
microbiologia. Il selvatico invece non è trasformabile in
oggetto o in soggetto: per avvicinarsi a esso dobbiamo accettarlo
internamente, come qualità intrinseca di ciò che
siamo.
La natura, in definitiva, non è affatto minacciata; la
wilderness sì. Il selvatico è indistruttibile, ma
possiamo non essere più in grado di vederlo”.
“Vivere
in una
cultura della wilderness è sempre stato un aspetto
fondamentale
dell’esperienza umana. Per centinaia di migliaia di anni non
c’è stata wilderness senza qualche forma di
presenza
umana. La natura non è un posto da visitare, è
casa
nostra”.
“I nostri corpi sono selvatici. Il
gesto involontario e veloce di girare la testa se sentiamo un grido, la
vertigine se guardiamo in un precipizio, il cuore-in-gola nei momenti
di pericolo, il riprendere fiato, i momenti tranquilli di quiete,
quando ci rilassiamo e riflettiamo - sono tutte risposte universali di
questo corpo mammifero. Si osservano in tutti i mammiferi. Il corpo non
ha bisogno dell'intercessione di un intelletto conscio per respirare,
per far battere il cuore. Per moltissime cose si regola da solo, ha una
sua vita. Sensazione e percezione non vengono esattamente da fuori, e
il continuo flusso di pensiero e immagini non è esattamente
esterno. Il mondo è la nostra consapevolezza, e ci circonda.
Ci
sono più cose nella mente, nell'immaginazione, di quante
“tu” ne possa controllare - pensieri, ricordi,
immagini,
rabbia, delizie, sorgono non chiamati. Le profondità della
mente, l'inconscio, sono le nostre aree di wilderness interna, e questo
è il posto dove la lince si trova in questo preciso momento.
Non
intendo linci personali all'interno di psiche personali, ma la lince
che si muove di sogno in sogno. L'agenda pianificata dell'io conscio
occupa un territorio molto esiguo, una celletta accanto al cancello
interno della mente, e conserva qualche traccia di ciò che
entra
ed esce (e a volte fa progetti espansionistici) e il resto si arrangia
da solo. Il corpo sta, per così dire, dentro la mente.
Entrambi
sono selvatici”.
“Le lezioni che impariamo dal
mondo selvatico diventano il galateo della libertà.
Possiamo godere della nostra umanità, del suo cervello
favoloso
e della sua sessualità vibrante, le sue ambizioni sociali e
i
suoi malumori ostinati, e considerarci né più
né
meno come gli altri esseri nel Grande Spartiacque. Possiamo accettare
gli altri come esseri uguali a noi, che dormono a piedi nudi sulla
stessa terra. Possiamo rinunciare alla speranza di diventare eterni e
smettere di combattere la sporcizia. Possiamo tenere alla larga le
zanzare e i parassiti senza odiarli. Senza aspettative, attenti e
sufficienti, riconoscenti e premurosi, generosi e diretti. Calma e
chiarezza ci appartengono nel momento in cui, tra un lavoro e l'altro,
ci puliamo le mani dal grasso e guardiamo in alto le nuvole che
passano. Un'altra gioia è prendere finalmente una tazza di
caffè con un amico. Il mondo selvatico ci chiede di
conoscere il
terreno, di fare un cenno di saluto a tutti gli animali, a piante e
uccelli, di attraversare i torrenti e salire sui crinali e di
raccontare una bella storia quando ritorniamo a casa”.
"Quando
trovi il tuo posto dove sei,
la pratica
Succede"
Dōgen

Gary Snyder
Poeta e saggista, è nato nel 1930 a San Francisco.
La natura e le montagne del nordovest americano hanno ispirato la sua
poesia, la sua ricerca, la sua conoscenza, la sua arte, la sua pratica.
Le sue opere sono pietre miliari per i movimenti ecologici del
bioregionalismo e dell'ecologia profonda.
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